Press

Appello Katàne ai sindacati: ripartiamo dal 7 febbraio

25 Febbraio 2014

«Spiace dovere prendere atto di un clima che non vuole tener conto della situazione reale con la quale oggi la Katàne Handling Srl è chiamata a confrontarsi. Perché il momento che viviamo è molto difficile ed è uno di quei momenti nei quali azienda e lavoratori devono stare dalla stessa parte: quella del futuro e della salvaguardia della continuità aziendale e occupazionale». È l'amaro sfogo di Francesco D'Amico, manager della Sac prestato alla Katàne Handling, di cui è presidente e amministratore delegato, proprio con lo scopo di invertire una rotta che rischia di portare l'azienda al collasso. 
«Il paradosso è che la Katàne Handling», continua D'Amico «gode di almeno due caratteristiche che potrebbero determinarne il successo: la prima consiste proprio nei lavoratori, che garantiscono senza dubbio alti livelli di professionalità, e l'altra è rappresentata dall'importante parco clienti, che rappresenta circa l'80% del mercato catanese. È sensato buttare a mare questi indubbi patrimoni? Katàne in questi anni ha avuto la capacità di acquisire, grazie al proprio management, quote importanti del mercato dell'handling aeroportuale etneo, riportando, dopo la traumatica scomparsa di Wind Jet, che rappresentava oltre il 40% del proprio mercato, la sua market share ai livelli precedenti la crisi della compagnia aerea siciliana. Dovere prendere atto di avere recuperato il mercato perso con la vicenda Wind Jet, ma dovere fronteggiare una condizione di crisi aziendale a causa del costo del personale (con una media di circa il 40% in più rispetto al media del settore), degli abusi nell'utilizzo dei permessi per malattia (oltre 5.500 giornate nel 2013, quasi tutte concentrate su due terzi dei lavoratori) o del pervicace attaccamento a privilegi non più sostenibili (turnazione agevolata), fa crescere il senso di rabbia».
  «Si sentono voci in aeroporto», prosegue ancora il presidente della Katàne, «su privilegi per i dirigenti, sull'esigenza di contrastare "i padroni", voci che mettono il lavoratore contro l'azienda. Ma di quali privilegi si parla? È possibile entrare nel merito? Di quali padroni si parla? Dobbiamo per forza rassegnarci al prevalere di posizioni demagogiche finalizzate solo al consenso? Perché non può esservi una sede nella quale si possa guardare insieme ai fatti oggettivi, ai costi e ricavi aziendali, alle prospettive e, insieme, come farebbe qualunque comunità matura, approfondire le soluzioni?». 
«Chi specula sul malessere dei lavoratori», conclude D'amico, «sarà disposto ad assumersi la responsabilità di uno scenario nefasto? Sarà disposto a incontrare, domani, i lavoratori che verranno inevitabilmente espulsi dal circuito occupazionale in caso di crisi della Katàne? Quanti degli attuali lavoratori potrebbero conservare il posto di lavoro? E i lavoratori a più alto costo dove troverebbero occupazione? Perché certamente, nel permanere della situazione attuale, in un mercato liberalizzato nel quale le tariffe sono stabilite dalle regole della concorrenza, vince l'efficienza. Katàne, cioè, non potrà sostenere il confronto con operatori che non devono sostenere il peso del suo alto costo del lavoro e del suo assenteismo. Per questo ritengo sia mia responsabilità lanciare ancora una volta un appello al sindacato: ripartiamo dall'accordo del 7 febbraio scorso. Se vi sono elementi da migliorare facciamolo, purché il risultato permanga invariato, risultato che deve garantire la salvaguardia dell'azienda e, attraverso essa, dei lavoratori. La dolorosa crisi economica che tutto il Paese sta vivendo ci chiede questa ulteriore assunzione di responsabilità».