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Convegno Sac: quotarsi in Borsa per investire in infrastrutture aeroportuali e continuare a crescere

6 Novembre 2015

Il prossimo sbarco a Piazza Affari della società di gestione dello scalo etneo è stato al centro del convegno “Sac: quotarsi in Borsa per investire in infrastrutture aeroportuali e continuare a crescere”, tenutosi presso lo spazio polifunzionale “Norma” dell’aeroporto di Catania.

Di ampio respiro l’intervento introduttivo di Stefano Paleari, direttore scientifico dell’Iccsai (l’International Center for Competitiveness Studies in the Aviation Industry), che ha puntato l’attenzione su come «il trasporto aereo si stia definitivamente trasformando in trasporto di massa, con una crescita trascinata da un aumento delle destinazioni internazionali e di maggiore distanza. Negli ultimi dieci anni sono mutati i rapporti di forza fra vettori e aeroporti. Ciò è associato a una grande dinamicità dei cambiamenti, che possono, da un anno all’altro, mutare anche del 20% lo scenario di uno scalo». Ci sono ovviamente delle trasformazioni anche nelle scelte degli operatori. «I vettori low cost», ha proseguito Paleari, «oggi apprezzano anche gli aeroporti principali, cosa che in passato facevano poco. Inoltre, è sempre più importante per tutti, compagnie e società di gestione, operare in un’ottica di sistema, con sinergie forti in grado di affrontare anche i frangenti di crisi. Andiamo verso un periodo in cui la crescita aggregata dell’economia sarà molto contenuta. Senza arrivare a parlare di grande stagnazione, come si fa negli Usa, è comunque ovvio che i Paesi più sviluppati faranno più fatica e i confronti saranno sempre più fra territori, fra aree». «Dal 2004», ha concluso Paleari, «la strategia di Sac è stata di mettere le “basi” là dove ci si collega con il resto d’Europa, ossia i grossi scali. Da qui al 2020 serve anche puntare sull’incoming. Quanto alla quotazione in Borsa di una società di gestione aeroportuale, sia chiaro come questa non cancelli l’azionariato pubblico, ma semplicemente lo riequilibri».

Paolo De Joanna, presidente del Comitato dei garanti, ha invece spiegato la genesi dell’idea della compagine societaria di Sac di quotarsi a Piazza Affari «Viviamo una fase molto complessa e sono convinto che la crisi dell’eurozona sia una crisi istituzionale, con una serie di “zoppìe” venute a galla. L’Europa da qui in avanti crescerà poco, come pure gli investimenti infrastrutturali. Serve quindi dominare la complessità, integrando i vari specialismi. Esigenza che in massimo grado si presenta in una infrastruttura aeroportuale. Come comitato siamo convinti che gli investimenti propulsivi, specie al Sud, siano fondamentali per riprendere una linea di sviluppo, unendo capitali privati a pubblici, per portare avanti progetti solidi e di lungo periodo. Per questo Sac sta quotandosi».

Dal canto suo, Maria Teresa Bocchetti, segretario generale di Assaeroporti, ha evidenziato come «l’accesso al mercato dei capitali tramite la quotazione in Borsa sia uno strumento importante per tutte quelle imprese che desiderano confrontarsi in scenari competitivi sempre più complessi, scenari che richiedono visione strategica, piani industriali solidi e considerevoli capitali per realizzarli. Ciò è tanto più rilevante per un’impresa di gestione aeroportuale quale la Sac, che ha scelto di aumentare il proprio capitale sociale attraverso la quotazione e di non disperdere la valenza territoriale della propria società, in modo da affrontare gli investimenti necessari allo sviluppo non solo della società in sé, ma anche e soprattutto del territorio circostante».

Per Alessio Quaranta, direttore generale dell’Enac, «privatizzare serve per tutta una serie di motivi, a partire da una chiara indicazione legislativa. L’Enac, poi, caldeggia le procedure di dismissione. La finalità è garantire taluni elementi, a cominciare dalla parità di trattamento, con l’obiettivo principale di rilanciare gli investimenti, specie in un momento in cui le risorse pubbliche per questi sono scarse».

Antonello Cracolici, del Partito democratico, neo assessore regionale all’Agricoltura, già presidente della Commissione Affari istituzionali dell’Ars, ha invece sottolineato come «quotare una società in Borsa sia uno dei modi per ricapitalizzarla. Serve però capire le finalità, perché il mercato vuole chiaramente un ritorno, anche veloce. Il soggetto finanziario che investirà chiederà poi la stabilità della governance. In ogni caso, ritengo intelligente la scelta di quotare una società siciliana in Borsa, per aiutare l’economia regionale a uscire dal nanismo. Insomma, questa quotazione di Sac è a mio avviso una opportunità popolare. Chiaro che poi servirà un progetto credibile, perché il mercato su questo è inflessibile, nonché creare le condizioni dell’attrattività».

Angela Foti, del Movimento 5 Stelle, componente Commissione Ambiente e Territorio dell’Ars, ha chiarito «la necessità di un dialogo aperto anche con le compagnie aeree, soprattutto sui prezzi, che condizionano drammaticamente la scelta di venire o meno in Sicilia. Mi lascia comunque indifferente l’accelerazione del governo centrale romano sulle privatizzazioni. In Sicilia abbiamo altri problemi, i nostri problemi, e questi dobbiamo risolvere».

«Come può intervenire l’aeroporto sui suoi nodi strutturali?», si è chiesto Antonio Malafarina, anch’egli componente della Commissione Ambiente e Territorio dell’Ars. «Tardano a venire da Roma i promessi miliardi di euro per risolvere i gravi problemi infrastrutturali della Sicilia. La questione dell’aeroporto di Catania, oltre alla critica viabilità attorno, aspetto da risolvere assolutamente, non è tanto la sua privatizzazione, ma renderlo parte integrante di un sistema di trasporti che funzioni, con una fruibilità diversa della città».

L’amministratore delegato di Sac, Gaetano Mancini, ha fortemente sottolineato quanto sia vitale per Catania l’allungamento della pista aeroportuale. «Quanto alla quotazione in Borsa, non è solo una operazione finanziaria. La Borsa è una grande sfida: verso la trasparenza, verso l’efficienza, verso i progetti e le idee. Evidente che lo scalo può crescere ancora solo con una politica di incoming, ma questa non la può fare soltanto l’aeroporto, ma il territorio nel suo complesso. In ogni caso, tale è l’importanza del nostro aeroporto per l’intera Isola che servirebbe la massima unità e non divisioni».

Il sindaco di Catania, Enzo Bianco, dopo aver anche lui con forza stigmatizzato le tariffe eccessivamente alte di talune compagnie, si è soffermato sull’esigenza di una politica attenta che «integri quanto fa la società di gestione dello scalo con le possibilità e le esigenze del territorio, di quella città metropolitana e di quel Distretto del Sud Est siciliano che rappresentano occasioni uniche per il rilancio dell’Isola. La Sac, poi, rappresenta oggi una vera e propria storia di successo, con un trend di crescita assolutamente eccezionale, soprattutto nel segmento internazionale». Sui nodi irrisolti dello scalo, il primo cittadino si è impegnato «a proseguire nel dialogo con le altre istituzioni per la realizzazione della nuova pista, che necessita dell’interramento della linea ferroviaria, come già sottolineato nei vari incontri con il ministro Delrio». Bianco si è inoltre detto contrario all’ipotesi di una sola società di gestione degli scali siciliani. «Chi pensa a questa soluzione», ha evidenziato, «semplicemente sbaglia».

Nelle sue conclusioni, il presidente della Sac, Salvatore Bonura, ha evidenziato la questione molto critica della viabilità attorno all’aeroporto, «stretto in un sistema stradale ormai inadeguato per uno scalo che vede transitare oltre sette milioni di passeggeri l’anno. Urge quindi una ridefinizione della viabilità, che non può che significare ridefinizione del volto di una parte della città». Altro punto toccato da Bonura è stato l’incoming, «aspetto assolutamente strategico per l’aeroporto e per il territorio, ma che certo non può essere unicamente posto in carico alle società di gestione, ma frutto di scelte condivise sì, ma principalmente politiche. Lo stesso dicasi per l’attrattività del territorio. Ovunque nel mondo, c’è voglia di Sicilia, ma la nostra regione deve fare di più per intercettare i nuovi flussi turistici, a partire da quelli estremo orientali».